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Premio PAROLE DA RIDERE 2012 a Diego Carli

Teatro Astra San Giovanni Lupatoto (VR) – Consegna Premio PAROLE DA RIDERE 2012 al vincitore Diego Carli nel corso del terzo “Gala del Cabaret Lupatotino”, realizzatoParole da Ridere 2012 - Diego Carli in collaborazione con il FESTIVAL NAZIONALE DEL CABARET. Il suo racconto è pubblicato sul sito http://www.festivalnazionaledelcabaret.it, alla pagina “Parole da ridere”.

Risultati concorso nazionale di letteratura umoristica PAROLE DA RIDERE 2012, organizzato dall’associazione Il Coro/Cabanews in collaborazione con il FESTIVAL NAZIONALE DEL CABARET

1° classificato: DIEGO CARLI (Verona)
Titolo: “Anna e Marco (a Dalla piacendo)”

“Che noia l’Ikea.”
Marco se lo ripeteva tutti i giorni da quando lo avevano assunto presso la sede di Carugate.
Montava alle otto e smontava alle venti. Sempre lo stesso tavolino.
“Che noia l’Ikea.” Marco se lo ripeteva tutti i giorni.
“Venga Baraldi!” Gli aveva detto il capo sede il giorno del colloquio: “Prenda quella seggiola e si sieda, le dò tre minuti.” Marco s’era guardato attorno ma di sedie in quell’ufficio, manco l’ombra. Solo un cacciavite a stella, venti viti sulla scrivania e un pacco piatto a terra. Volevano verificare l’attitudine al lavoro fin da subito. Non si perse d’animo, in due minuti e quarantanove secondi scartato il pacco, col cartone costruì una sedia in scala uno a uno quasi perfetta e facendo finta di sedervi sopra pensò “Alla fine quell’inutile corso di mimo e origami che ho frequentato due anni fa è servito a qualcosa.”
Il capo sede per tutto il tempo lo osservò con la stessa espressione di un guerriero cinese in terracotta seppellito da duemila anni per poi aggiungere muovendo solo il labbro inferiore a mò di pupazzo da ventriloquo: “Baraldi. Non riesco a distinguere in lei la sottile linea che separa il genio dallo stronzo.” “Con linea intende forse una serie di punti adimensionali ravvicinati che si susseguono l’un l’altro?” chiese Marco. Assunto per senso creativo nell’affrontare un problema, ma ben presto Marco si accorse che l’unica fantasia che ti puoi permettere, se sei un magazziniere, è pensare a come sarebbe singolare fare le impennate col carrello elevatore.
“Che noia l’Ikea.” Marco ormai quel tavolino lo montava ad occhi chiusi e con gli occhi ben serrati cominciò a pensare: “Billy. Skoglund. Perché mai dare ad una libreria il nome di un cane ed a un divano letto quello di un attaccante dell’Inter degli anni cinquanta?” C’era un senso di precarietà in tutto questo, di incertezza, di imprecisione. Ecco, gli svedesi Marco se li immaginava così, come i contenuti dei sacchettini nel kit di montaggio: pratici e moderni ma alla fine manca sempre qualcosa; certo non lo si può definire un popolo di grandi artisti pensava, per esempio, metti a confronto un quadro fiammingo e un quadro svedese: Il primo ci passi delle ore davanti, il secondo al massimo ci passi attraverso e non è una differenza da poco. Un senso di logica instabile. Persino il cibo non è chiaro: Un popolo si distingue anche da quello che mangia; un tedesco è preciso, lo si vede dal würstel: è un cibo che sai dove inizia e sai dove finisce, l’italiano è incasinato, basti guardare gli spaghetti: non si capisce un cazzo, ma gli svedesi sono degli indecisi: o salato o dolce che ci vuole? E allora perché abbinare le polpette con la marmellata? Non c’è logica. Ma forse una logica c’è dato che le polpette escono dal tuo corpo con la stessa dimensione con cui vi sono entrate, probabilmente la marmellata fa da lubrificante. Questo comunque, non toglie i dubbi su una vita di incertezze. Pensare che i loro antenati, i Vichinghi, furono guerrieri e navigatori. Andarono persino in America, con le loro navi montate in una domenica pomeriggio senza usare un chiodo e dal nome di una scarpiera: “Drakkar”. Hanno sempre avuto la fissa del franchising, togliere il lavoro agli irlandesi apatici e darlo ai pellerossa che costavano meno. Solo vai a spiegare tu ad un Dakota che è sbagliato vivere dentro a delle tendine che in Svezia le trovi solo al reparto bambini, spiega ad un Cherokee il concetto “con un minimo sovrapprezzo un operaio specializzato partirà da Stoccolma al Main e ti monterà comodamente un intero villaggio in legno direttamente a casa tua.” Infatti i nativi americani non apprezzarono l’idea del “fai da te” e li ricacciarono in mare.
E fu così che Marco, assorto dai suoi pensieri estremamente filosofici, non si accorse del ticchettio continuo di due dita sulla spalla da ormai svariati secondi. Dopo il quarto “mi scusi?” Marco si girò con la flemma di un bradipo boliviano convinto che nulla sarebbe mai accaduto di così straordinario nell’angolo dedicato ai tavolini da sei euro e invece, Lei.
Anna non era né bella, né brutta. Né alta né bassa. Né magra né grassa. Né elegante né sciatta. Era solo né. La sua vita era costellata di né. Da adolescente non aveva neppure avuto la possibilità di avere il problema di sentirsi diversa e inadeguata tanto era simile a tutte le altre ragazze medie del mondo. Lei era media. Se la media avesse avuto una percentuale lei stava giusto nel mezzo. Facendo una media di tutte le medie che mediamente stanno nella media, lei era la media assoluta. E a questo Anna ci si era abituata da tempo.
Orfana di padre, con una madre ossessiva e una sorella convulsiva, un lavoro al call center e una storia affettiva alle spalle arida quanto il deserto dei Gobi, Anna aveva finalmente deciso dopo sei anni di andare a vivere da sola ma ancora non aveva detto nulla a casa rimandando all’infinito la decisione per evitare di vedere l’ennesima scena isterica di sua madre che tenta di suicidarsi con le Air Vigorsol, convinta che se uno scoiattolo ne mangia una e scorreggia montagne di ghiaccio, lei con un pacchetto intero sarebbe morta con gli organi interni completamente congelati. Non aveva neppure accennato a quel suo ragazzo, l’unico che avesse mai avuto, con il quale perse la verginità una sera qualsiasi di ottobre, in un parcheggio da Trony, non per merito suo ma della leva del cambio della Smart che è una macchina studiata per altri tipi di prestazioni, basta guardare il libretto. Risultato: una sera buttata al pronto soccorso, sei punti, due antibiotici e chi sé visto sé visto. Una cosa sola aveva che manco lei sapeva di avere: una luce negli occhi che ti perforava l’anima come una punta del dieci per lasciarti un buco sbagliato nel muro della tua vita e che, hai voglia a riempirlo col gesso: si noterà sempre.
Anna fece questo effetto a Marco. “Mi scusi, ho preso la cucina, una libreria, il letto e un tavolo ma non riesco a caricare tutto da sola, non è che per caso mi darebbe una mano lei?”
Marco la osservò come si osserva una mensola storta, buttò un occhio al carrello sofferente sotto un muro di pacchi piatti e senza dire una parola spinse il tutto verso il parcheggio. “Lei è un tipo di poche parole non è così?” disse lei, Marco sbuffava facendo gimkane tra le auto in sosta, “Non è semplice trovare tipi gentili al giorno d’oggi, per fortuna esistono ancora i cavalieri, anche senza cavallo voglio dire, cioè con il termine cavaliere s’intende uno che ha un cavallo è chiaro, ma tipi come lei, mi capisce, che pur senza cavallo fanno i cavalieri non se ne trovano spesso e trovarne uno fa piacere, cavallo a parte. Non so se mi spiego.” Pausa. “Magari lei veramente ce l’ha un cavallo.” Marco girò un occhio solo nella sua direzione, l’altro faceva da navigatore. “Oddio che stupida che sono.” E arrossendo Anna puntò lo sguardo verso l’asfalto bagnato. Lui, guardando la macchina di lei, una Ford Ka, pensò che l’unica frase intelligente pronunciata in tutto quel percorso era “Oddio che stupida che sono.” E non fu l’unica cosa che pensò. Sembrava che i suoi pensieri uscissero dalle orecchie sotto forma di fumo bianco: “Ma questa stronza come pensa di caricare tutta sta roba su una macchina del genere?” Poi si lasciò sfuggire questa frase: “Anche ammesso avesse il portapacchi, non ci possono stare trentadue pacchi su un portapacchi, se ci fosse il portapacchi! Ma il portapacchi non c’è e sarebbe comunque un pacco trasportare questi pacchi!” e si sistemò il pacco. Lo disse talmente ad alta voce che metà del parcheggio, senza rivolgere uno sguardo ai due, annuì con un cenno della testa. Uno alzò anche le sopracciglia in segno di resa davanti ad un’ovvietà. Per Anna fu come sentirsi osservati facendo capolino da un pentolone per cannibali, allora disse con falsa sicurezza. “Beh la pubblicità su quel cartello dice ‘Se fai da te risparmi, Porta tu stesso i mobili a casa. Così puoi godere subito dei tuoi acquisti e risparmiare’, non è cosi?” Marco sbottò “Si ma ci vuole un mezzo adatto al volume di materiale da trasportare altrimenti lo facciamo noi con un sovrapprezzo a partire da ventinove virgola ventiquattro euro, entro quattro giorni a casa tua!” Marco fu tentato di mollala lì e ritornare al calduccio del magazzino ma lei ritirò fuori il trapano con la punta del dieci e perforò nuovamente con lo sguardo il muro della sua resistenza dicendo: “Ed ora che faccio? Non posso permettermi di spendere ventinove virgola ventiquattro euro in più.” Passarono trenta lunghissimi, interminabili, geologici secondi, nel frattempo Marco aveva già stimato il costo del trasporto intorno ai duecentoquarantasei virgola ventiquattro euro ma non disse nulla: stava tentando di mettere il gesso della ragione nei buchi del muro dei suoi sentimenti. Ma si vedevano, eccome se si vedevano. Non era da lui fare colpi di testa. Eppure la frase gli uscì dalla bocca a sua insaputa: “E va bene. Finisco il mio turno alle otto, aspetterò che tutti siano usciti per non dare nell’occhio, caricherò i pacchi sul furgone e glieli porterò a casa sua, le monterò tutti i mobili ma entro mezzanotte devo riportare assolutamente il furgone alla base, se siamo fortunati nessuno lo saprà.” Poi a denti stretti aggiunse “Ma che cazzo sto facendo?” Era troppo tardi. Anna non smetteva più di saltellare e ringraziare, ringraziare e saltellare. “Io, non so proprio come sdebitarmi ah, intesi, lei è mio ospite questo è il minimo, per la cena intendo, faccio tutto io lei non si preoccupi. Adesso che ci penso non ho la cucina in effetti perché è in questo pacco. Allora che si cucina dirà lei? Non si cucina. Ma l’ho invitata a cena e quindi? Oddio come faccio senza cucina? Oh cavoli, qualcosa ci inventeremo non è così?” pausa “Magari i cavoli no.” Marco si era già pentito da un pezzo. Anna anche senza cucina, era già cotta.
Otto e venti, Marco caricò silenziosamente l’ultimo pacco e defilato uscì dal cancello col furgone d’ordinanza eludendo la sicurezza che aveva già iniziato il suo giro.
La nuova casa di Anna non era poi così male: quaranta metri quadrati calpestabili in un condominio prevalentemente abitato da senegalesi e pachistani, dove l’odore di cuscus e verdure mischiato a riso basmati creava nell’aria un profumo acre e antico come le ascelle della Dea Calì. Ma erano tutti molto gentili anche se le esalazioni arrivavano fino al quarto piano. Già, quarto piano. Perché l’appartamento di Anna stava al quarto piano. Senza ascensore. Ecco dove si annidava il male. Alla fine dell’ultima salita, Marco stramazzò sul trentaduesimo pacco irrorandolo di sudore. Anna aveva preso due kebap con patatine e senza convenevoli iniziarono a scartare e rosicchiare, comporre e sbocconcellare, e qui venne a galla tutta la precarietà svedese: mancavano pezzi, viti, incastri e persino istruzioni. Marco non si perse d’animo, si ricordò che venne assunto per la sua provinciale creatività e segando un pezzo di qua, incastrando un pezzo di là ricreò nuovi design dal sapore surreale e grottesco ma il tutto reggeva. Oddio, sembrava di vivere dentro una scenografia di un film espressionista tedesco dove dalla cucina usciva il letto per incastrarsi nella libreria e viceversa ma in fondo era un ambiente divertente. Anna guardò tutta soddisfatta l’opera d’arte astratta che era la sua casetta e poi si lanciò. Timida com’era non lo aveva mai fatto in tutta la sua vita, lei che aveva sempre subito gli eventi senza una dialettica, lei che non osava fare un passo in più per paura di inciampare nella vita, lei che per formulare una frase doveva ogni volta ingaggiare una lotta greco-romana con le parole. Quella sera si lasciò cadere nel vuoto. Col cuore che bussava sullo sterno e nelle tempie buttò li una frase senza pensarci due volte. “Beh, a questo punto, per sapere se il letto reggerà, non è che sia il caso di provarlo prima?” ma nella mente sua risuonavano tutt’altre parole: “penserà che sono una puttana, penserà che sono una puttana.” Che brutti scherzi combina l’ovulazione. Anna per la prima volta dormì nella casetta nuova. Marco non rientrò a casa quella sera.
Ritornare alle undici sul posto di lavoro con tre ore di ritardo e per giunta con un furgone sottratto di nascosto all’azienda, incontrare sul cancello del retro la dirigenza intera impietrita, i colleghi sgomitanti e una trentina di clienti imbufaliti non è una bella cosa. Marco fece appello a tutta la sua flemma e partorì un semplice “Trovato casino.” Dopodiché fece un ellisse con i piedi girando su se stesso e l’Ikea uscì dalla sua vita. Non prima di aver sottratto dal cestone degli sconti un Teddy Bear strabico. “Che noia l’Ikea” pensò. Nessuno osò fermarlo. Anna arrivò da Marco come Supergirl: letteralmente volando, su per giù verso l’una. “Come sto?” disse. Marco la guardò, il Teddy Bear non si capiva dove cazzo guardasse: aveva un filo di trucco, due treccine fatte alla rinfusa, una gonnellina corta e un giubbottino dello stesso colore degli anfibi. “Com’era bella” pensò, la più bella ragazza media che avesse mai visto. Lui, senza parole le diede l’orso guercio, lei fu felice di ricevere quell’improvvisato regalo, del resto non ci si fa troppe domande complicate sul significato delle cose all’inizio di un amore, poi Marco prese le sue guance tra le mani e lei provò un brivido acuto come un dolore che non ricordava più da tempo, come quando suo padre la accarezzò sul viso quel pomeriggio, poco prima di morire. Marco le disse tutto, misurando parola per parola in modo da non procurarle inutili ferite, minimizzando l’accaduto perché in fondo, lui si aspettava di più dalla vita che montare tavolini da sei euro. Anna capì tutto perché era una ragazza intelligente. Troppo intelligente. Fece uno sforzo titanico nel trattenere lo tzunami che stava per travolgere i suoi occhi e resettò tutte le frasi, tutte le parole, tutte le intenzioni, tutte le pause di Marco tranne un insieme di vocaboli che non avrebbe dimenticato facilmente: “Adesso ti prego non farti delle idee che sia stata colpa tua.” “Colpa tua.” “Colpa tua.”
Anna avrebbe voluto morire. Marco voleva andarsene lontano.
Qualcuno li ha visti per strada, tenendosi per mano.

2° classificato: ALEX CURINA (Torino)
Titolo: “Sono disoccupato”

Sono disoccupato! Che strano in Italia essere disoccupati a 36 anni. Mi è sembrato distrattamente di sentire che in questo paese c’è crisi, figuriamoci sarà solo un’invenzione dei mass media o di qualcuno di sinistra.
Sono un “bamboccione”! Sono andato via di casa a 34 anni, ma per non staccarmi del tutto dalla mamma ho cercato vicino a casa un posto da disoccupato.
Sono diplomato come perito elettronico, una volta quando sentivano questa qualifica tutti pensavano fossi elettricista, oggi quando la sentono pensano solo che sono…disoccupato, magari avessi una laurea almeno potrei ambire ad un call center.
L’Italia è il paese dei paradossi, una volta appena finita la scuola al tuo primo colloquio della vita, ti assumevano solo se avevi già lavorato, se avevi esperienza. Con l’avvento della crisi si iniziò a leggere annunci del tipo: “Cercasi tecnico con grossa esperienza per contratto d’apprendista, auto…munito”. Oggi a crisi conclamata e ben salda, si legge: “Cercasi lavoratore bravo, serio, no perditempo auto…retribuito”. In Italia puoi chiedere un prestito solo se hai dei soldi, pubblicizziamo yogurt buoni solo perché fanno cagare, ci fanno credere addirittura che esiste acqua che faccia fare la pipì. I politici non vogliono aprire le “case chiuse”, perché preferiscono “chiuderle in casa” per fare gare di burlesque.
E’ sempre più complicato se non impossibile trovare lavoro, conosco gente che a mandato talmente tanti curriculum che l’ha messo come esperienza nel curriculum. Fassino prima di trovare lavoro era obeso, Flavia Vento era intelligente, la Canalis vergine.
Ho fatto qualunque tipo di lavoro, operaio, pizzaiolo, panettiere, strillone, mbianchino, ginecologo (ma quello solo con le ragazze che ci cascavano), cameriere ed in fine impiegato tecnico per sette anni. Ma la chiusura della ditta dove lavoravo è coincisa con il mio approccio verso il mondo della recitazione, così ho capito cosa volevo fare da grande….l’ ATTORE! Cioè il disoccupato!
Che non si dica in giro che non ho cercato un lavoro normale, anzi di colloqui ne ho anche fatti, ho addirittura lavorato all’IKEA, con due rinnovi, roba da non credere, 6 mesi di Lack, Billy e Brugole. Poi naturalmente quando impari il mestiere non servi più e quindi tutti a casa, pronti a cercare un’altra pseudo occupazione.
Sono stato talmente disperato che un giorno ho addirittura pensato di andare a fare il “Grande fratello”, avete capito bene il “Grande fratello”, ho partecipato anche alle selezioni, poi mi sono accorto che approdavano solo persone che conoscevano qualcuno, ma io non conoscevo nessuno…che mi volesse così male.
Mi sono reso conto che ormai sono troppo vecchio per entrare nel mondo del lavoro, e sono troppo giovane per fare politica. Avendo lavorato qualche volta in nero sono troppo delinquente per essere assunto, ma con la fedina penale pulita sono troppo onesto per candidarmi. Sono troppo scemo per andare a rubare e troppo intelligente per lavorare. Ogni tanto ho anche voglia di lavorare in banca, ma il passamontagna prude da matti.
Così ormai immerso nel vortice della disoccupazione, ho deciso di approfondire l’arte della recitazione, in dodici anni sono cresciuto diventando attore, autore, animatore, conduttore, cabarettista, insegnante di recitazione e regista. Tutte parolone che stanno a significare semplicemente che sono povero. Certo, sono povero perché non sono ancora passato dalla televisione, passaggio obbligatorio per la notorietà e conseguentemente anche per la ricchezza. Tanti mi dicono che prima o poi famoso lo diventerò, solo che vorrei diventarlo per qualcosa d’artistico e non perché mi sono legato ad un palo della luce in centro, facendo contemporaneamente lo sciopero della fame, della sete e del sesso. In fondo io non voglio diventare veramente famoso, voglio solo diventare ricco, anche se non mi darà mai la felicità, chi se ne frega, da povero sono quasi sempre incazzato, tanto vale esserlo da ricco. Anche perché in Italia basta poco per diventare famoso, basta ammazzare qualcuno, se è un parente è meglio, e ti assicuri dodici puntate su Matrix e tredici a Porta a Porta, ti fanno anche il plastico della tua abitazione gratis, senza dover aspettare che escano i pezzi in edicola. Basta dire che non sei stato tu, dopo qualche mese che sei stato tu e infine che non sai bene chi è stato, così vai a “L’isola dei famosi”, la vinci e sei una star.
Ho capito che nel mestiere dell’artista ci sono tre regole per sfondare, la prima è essere bravi, la seconda è avere culo, la terza è AVERE CULO! Anche se forse della prima, se conosci il politico giusto puoi anche farne a meno. Oppure bisogna prendere il treno giusto quando passa, solo che mi hanno detto che il mio treno è sulla linea ferroviaria della TAV. Il culo serve, tutta la nostra esistenza è basata sul culo, bisogna trovarsi al posto giusto al momento giusto. Pensate alle grandi scoperte, immaginate se le tre caravelle invece che essere guidate da Cristoforo Colombo, fossero state guidate dal comandante Schettino, al massimo avrebbe scoperto la Corsica, ma solo perché faceva il tamarro impennando la Nina, la Pinta e la Santa Maria, e non vedendo niente la prendeva in pieno.
Prima o poi comunque qualcuno mi scoprirà e io mi farò trovare pronto, l’importante che quel qualcuno non sia Schettino.
Oggi purtroppo si suicidano anche gli imprenditori, che nell’immaginario collettivo sono quelli che stanno meglio, sono i ricchi. Allora siamo arrivati veramente ad un bivio, lasciare perdere tutto o continuare a vivere. Non so voi cosa farete ma di certo io continuerò a vivere. Grazie!!!

3° classificato: RICCARDA PATELLI LINARI (Scandicci)
Titolo: “Check up”

Anche quest’anno farò un bel check-up perché io ci tengo alla mia salute.
Inizierò con le analisi del sangue. Mi farò la nitroglicemia, la sederemia, l’azotomania, il polistirolo, la birillirubina, la cretinina, le transessuaminasi… e mi farò anche una cultura sulla pipì, l’urinocultura.
Per risparmiare ho prenotato online in un nuovo centro medico nella mia città, dove fanno anche il day hospital e ci sono un sacco di ambulatori!
Miii… gli hanno dato dei nomi così belli! Tutti con le ali, l’aria, il vento!
Lo fanno per mettere a proprio agio i pazienti che così affrontano gli esami con più leggerezza e si sentono sollevati dalle preoccupazioni.
E’ un centro internazionale molto elegante… uhhh com’è elegante!
Infatti il check-up lì lo chiamano check-in!
Questa sì che è classe!
E che servizio!
Per farvi un esempio, ci sono gli ambulatori di Air France per i francesi, quelli British Airways per gli inglesi, ma non solo! Hanno pensato anche ai single, con Air One!
E per chi soffre di disturbi respiratori ci sono Air Dolomiti, Ryanair e Windjet… specializzati nelle inalazioni!
Ci sono già stato l’anno scorso ed ho fatto il check-up, anzi il check-in, con Air One… visto che purtroppo sono single!
All’accettazione mi sono presentato senza bagaglio, tanto era un day hospital.
Niente pigiama, ciabatte e spazzolino, invece molti avevano dei valigioni così enormi! Forse si dovevano ricoverare per chissà quanti giorni… c’è tanta sofferenza in giro. Poveracci, non li invidio proprio!
Fatta l’accettazione sono entrato in reparto e mi hanno subito fatto una bella radiografia con un nuovo macchinario che ci passi sotto e si mette a suonare, e finché non smette di suonare ti fanno passare e ripassare… sono esami molto approfonditi!
Quando smette di suonare significa che è tutto ok e puoi passare alla TAC.
Miii… quant’è grosso il tubo della TAC!!!
Ce ne sono tanti e sono enormi!
E li spostano continuamente in un grandissimo piazzale. Hanno pure le ruote e i motori!
Bisogna ammettere che la medicina moderna ha fatto passi da gigante ultimamente!
E dentro non ti ci infilano da solo… no! Siamo in tanti tutti seduti insieme su comode poltroncine come al cinema… una TAC collettiva per i single!
Insomma unisci l’utile al dilettevole perché ti fai la TAC e intanto conosci gente, “socializzi” e… ci siamo capiti!
E mentre la macchina è in funzione, su schermi laterali proiettano immagini che ti pare di volare! Il cielo, le nuvole… è bellissimo!
Altro che castropazzia… cacchiomania… no, come si dice… claustrofo…fobia!
Che meraviglia! Fantastico!
Però, ad essere sincero, un problemino c’è stato.
Eh sì, l’anno scorso all’uscita dalla TAC non ritrovavo più la strada e mi sono perso.
Mah… forse saranno stati gli effetti collaterali del mezzo di contrasto che ci hanno dato dentro il tubo. Sapeva di coca cola, ma doveva essere una roba più forte, e così all’uscita mi pareva di essere in un altro posto, addirittura con cartelli scritti in un’altra lingua!
Non capivo più nulla, né i cartelli né cosa diceva la gente… e così per non perdermi ho preso un taxi e pure il tassista era straniero!
Per fortuna sono riuscito a farmi capire quando gli ho detto l’indirizzo di casa mia. All’inizio ha spalancato gli occhi, forse era nuovo e non conosceva la zona, ma poi ha acceso il navigatore, mi ha fatto “ok” col pollice alzato ed è partito.
Durante il viaggio di ritorno a casa devo essermi addormentato per qualche minuto e al risveglio senza accorgermene ero già arrivato.
Ho speso 1.500 euro… minchia i taxi sono rincarati troppo ultimamente!
Oppure il tassista straniero ha fatto il furbo!? Non sono razzista però io mica mi fido tanto!
Ma quest’anno niente scherzi!
Eh no! No, no, mica sono scemo!
Quest’anno il check-up lo faccio con Alitalia così sono sicuro che all’uscita trovo un tassista italiano!

Votazioni PAROLE DA RIDERE 2012


Da oggi, 19 giugno 2012 e fino al 31 agosto 2012 è possibile votare i testi preselezionati partecipanti al concorso nazionale di letteratura umoristica PAROLE DA RIDERE 2012, organizzato dall’associazione culturale Il Coro/Cabanews nell’ambito del FESTIVAL NAZIONALE DEL CABARET 2012. Gli elaborati sono pubblicati sul sito http://www.trovariso.wordpress.com. Tutti possono esprimere il proprio giudizio assegnando un voto da 1 a 10, utilizzando la casella “Lascia un commento” oppure inviando una e-mail a: trovariso@libero.it citando nell’oggetto “Votazioni PAROLE DA RIDERE 2012” e, nel testo, il titolo del brano ed il nome del suo autore. Tale votazione sarà successivamente integrata dai giudizi degli organizzatori. Buona lettura.

PAROLE DA RIDERE: Check Up, di Riccarda Patelli Linari

CHECK UP di Riccarda Patelli Linari

Anche quest’anno farò un bel check-up perché io ci tengo alla mia salute.

Inizierò con le analisi del sangue. Mi farò la nitroglicemia, la sederemia, l’azotomania, il polistirolo, la birillirubina, la cretinina, le transessuaminasi… e mi farò anche una cultura sulla pipì, l’urinocultura.

Per risparmiare ho prenotato online in un nuovo centro medico nella mia città, dove fanno anche il day hospital e ci sono un sacco di ambulatori!

Miii… gli hanno dato dei nomi così belli! Tutti con le ali, l’aria, il vento!
Lo fanno per mettere a proprio agio i pazienti che così affrontano gli esami con più leggerezza e si sentono sollevati dalle preoccupazioni.

E’ un centro internazionale molto elegante… uhhh com’è elegante!
Infatti il check-up lì lo chiamano check-in!
Questa sì che è classe!
E che servizio!

Per farvi un esempio, ci sono gli ambulatori di Air France per i francesi, quelli British Airways per gli inglesi, ma non solo! Hanno pensato anche ai single, con Air One!
E per chi soffre di disturbi respiratori ci sono Air Dolomiti, Ryanair e Windjet… specializzati nelle inalazioni!

Ci sono già stato l’anno scorso ed ho fatto il check-up, anzi il check-in, con Air One… visto che purtroppo sono single!

All’accettazione mi sono presentato senza bagaglio, tanto era un day hospital.
Niente pigiama, ciabatte e spazzolino, invece molti avevano dei valigioni così enormi! Forse si dovevano ricoverare per chissà quanti giorni… c’è tanta sofferenza in giro. Poveracci, non li invidio proprio!

Fatta l’accettazione sono entrato in reparto e mi hanno subito fatto una bella radiografia con un nuovo macchinario che ci passi sotto e si mette a suonare, e finché non smette di suonare ti fanno passare e ripassare… sono esami molto approfonditi!

Quando smette di suonare significa che è tutto ok e puoi passare alla TAC.

Miii… quant’è grosso il tubo della TAC!!!

Ce ne sono tanti e sono enormi!
E li spostano continuamente in un grandissimo piazzale. Hanno pure le ruote e i motori!
Bisogna ammettere che la medicina moderna ha fatto passi da gigante ultimamente!

E dentro non ti ci infilano da solo… no! Siamo in tanti tutti seduti insieme su comode poltroncine come al cinema… una TAC collettiva per i single!
Insomma unisci l’utile al dilettevole perché ti fai la TAC e intanto conosci gente, “socializzi” e… ci siamo capiti!
E mentre la macchina è in funzione, su schermi laterali proiettano immagini che ti pare di volare! Il cielo, le nuvole… è bellissimo!
Altro che castropazzia… cacchiomania… no, come si dice… claustrofo…fobia!

Che meraviglia! Fantastico!
Però, ad essere sincero, un problemino c’è stato.
Eh sì, l’anno scorso all’uscita dalla TAC non ritrovavo più la strada e mi sono perso.

Mah… forse saranno stati gli effetti collaterali del mezzo di contrasto che ci hanno dato dentro il tubo. Sapeva di coca cola, ma doveva essere una roba più forte, e così all’uscita mi pareva di essere in un altro posto, addirittura con cartelli scritti in un’altra lingua!

Non capivo più nulla, né i cartelli né cosa diceva la gente… e così per non perdermi ho preso un taxi e pure il tassista era straniero!
Per fortuna sono riuscito a farmi capire quando gli ho detto l’indirizzo di casa mia. All’inizio ha spalancato gli occhi, forse era nuovo e non conosceva la zona, ma poi ha acceso il navigatore, mi ha fatto “ok” col pollice alzato ed è partito.
Durante il viaggio di ritorno a casa devo essermi addormentato per qualche minuto e al risveglio senza accorgermene ero già arrivato.
Ho speso 1.500 euro… minchia i taxi sono rincarati troppo ultimamente!
Oppure il tassista straniero ha fatto il furbo!? Non sono razzista però io mica mi fido tanto!

Ma quest’anno niente scherzi!
Eh no! No, no, mica sono scemo!
Quest’anno il check-up lo faccio con Alitalia così sono sicuro che all’uscita trovo un tassista italiano!

PAROLE DA RIDERE: Videopoker, di Livio Cepollina

VIDEOPOKER di Livio Cepollina

I divorzi aumentano a dismisura. Sono più le coppie che si lasciano che quelle che si sopportano e continuano a stare insieme. Tant’è che la Chiesa, in odore di business, vorrebbe introdurre un nuovo sacramento, lo Smatrimonio “vuoi tu, Pasquale staccarti per sempre dalla qui presente Filomena – questo monovolume logorroico con la cellulite – il pigiama XXL di Hello Kitty e l’alito al plutonio, per poter finalmente ritornare libero?”. Oppure “Vuoi tu, Filomena, allontanarti per sempre dal qui presente Pasquale – questo ignobile parassita in canottiera ascellare – con un paio di calzini indossati da tre settimane – con questi slip color amaranto azzera libido e per di più bucati e i tarzanelli che fuggono, e ritornare ad avvertire i (veri) profumi della vita?”.
Ma la causa di queste crisi, non è più quella di una volta, il tradimento….
Magari! Magari ritornassero i bei tempi di una volta, quelli della nonna, dove lui se la faceva con la collega, lei se la faceva con il suo capo ed il capo si faceva sia lei sia il marito di lei e solo per poter dire “qui comando io!”
Il sesso non acchiappa più, non c’è più desiderio. Ormai si distribuiscono i preservativi nelle scuole medie mentre io a quattordici anni giocavo ancora con le figu: celo manca celo manca….
Il pianeta sesso è ormai troppo vicino ed onnipresente per essere ancora ambibile e desiderabile
Il sesso ormai è demodè. Se passi la domenica a casa per fare all’amore con la tua compagna passi per sfigato “ma vai al Carrefour come tutti, pirla!”.
La causa del tradimento è ben altra. Ormai c’è solo più una cosa che attira……
il denaroooooooooo……e più è facile averlo…..e più si gode.
Le prime avvisaglie della crisi inizia fra le mura domestiche. Lei spaparanzata sul divano – si sta sgranocchiando badilate di patatine mentre si guarda Desperate Housewives e si sente come una di loro, molto più grassa e triste, ma come una di loro. E lui è in camera, con gli occhi a palla, davanti al computer.
È un microcosmo tutto suo quello di lui, un mondo a sé, lui e il computer il computer e lui.
Lei pensa (e forse spera) che sia in qualche sito porno e stia chattando con qualche disinibita dal nick inequivocabile, tipo Vanessa – la regina della fellatio o Mirabellina – la tua bambola birikina. E la cosa più grave è che lei, seppur pensando queste cose, se ne strabatta, non si solleva più dal divano – manco l’Aci riuscirebbe a tirarla su dal divano – e continua imperterrita a trangugiarsi quintalate di grassi, quando va in bagno le escono gomitoli di colesterolo.
Mentre lui non sta chattando, magari…..stesse chattando…..
Lui sta giocando a poker on line. Non lo vede nessuno….Si sente protetto nella sua alcova libidinosa. Tris, full, doppia coppia…..
Ogni volta che preme l’ok per vedere se ha vinto la mano, avverte tutti i brividi, la sua moquette di peli sulla pancia si raddrizza come se risucchiata da un folletto con il motore Abarth. Gioca perde ma gode. Ri-gioca ri-perde ma continua a godere.
È contento l’imbecille. Un rigoglio dei sensi che lo manda in estasi, erano anni che la sua curva godimetrica era piatta. Gioca – perde …ma gode. E null’altra cosa nella sua vita ha ancora un senso…..non gli interessa più menarsi allo stadio…..tirare le puzzette mentre fa il bagno…….. mettere tutte le pubblicità nella cassetta della vecchietta scassapalle del quarto piano……gli interessa giocare….perdere…..ma godere.
S’è già perso la tredicesima – i risparmi dei genitori, ha venduto su Ebay a prezzo stracciato la sua collezione di Tex – ha ipotecato la macchina che deve ancora finire di pagare, non mangia più – non beve più – si sopravvive con una flebo di Herbalife.
Non si lava più, puzza come una fogna, è un disastro ecologico fatto uomo, hanno chiamato anche Bertolaso.
E quando proprio si è giocato tutto, quando anche Fastweb gli ha interrotto il contratto 24 ore su 24, riusciva a giocare 32 ore al giorno, ecco che i due fanno lo smatrimonio e si lasciano. È lui a lasciare la casa, spostare lei, ormai un perso morto sul divano, anche gli acari del tappeto hanno cercato invano di soccorrerla – è troppo faticoso. Ma lui non si perde d’animo, girovaga per qualche giorno per le strade, qualcuno s’impietosisce e gli dà l’elemosina – senza neanche che lui la chieda “tieni buon uomo e smettila di giocare – piciu ”. Ma lui è un drogato e ne sente bisogno….cerca la sua roba e la cercherà finché non la troverà. Ed arriva quel giorno……all’interno di un bar vede altri cinque imbecilli come lui, avete presente la pecora Dolly? Ecco….sono tutti identici, sei imbecilli nati da un parto plurigemellare di babbei..
Vede i cinque che godono davanti ad una macchinetta, vuole capirci meglio, entra nel bar, al titolare – come a Paperone – gli viene il simbolo dell’euro negli occhi….Il titolare del bar, una specie di San Pietro che gli indica il Paradiso, il nuovo Paradiso….la macchinetta del bar. Ormai non si sente più solo, ha trovato una sua dimensione sociale all’interno di un gruppo, un’orgia di macchinettomani che giocano perdono ma godono.
Lo Stato è il boss numero uno, il capo dei capi, e i bar con le loro macchinette le sue mandrine. Fanno soldi a tonnellate con questi drogati. Ormai questi tipi di bar non fanno neanche più i bar, se entri “buongiorno, mi fa un caffè?” ti guardano esterrefatti, come fossi andato a chiedere un chilo di kiwi da Mediaworld…. “ma per chi ci ha preso, il caffè se lo faccia a casa, no?” . Ma loro, gli imbecilli, fanno gruppo, interagiscono solo fra di loro, ed hanno anche un linguaggio tutto loro, un incomprensibile idioma macchinettaro “bisogna giocare adesso che !”. Ma carica di che? Se vinci cinquanta euro, cosa ti cambia, ne hai già persi 800 e solo oggi! Ma loro, intontiti irreversibili, continuano con le loro frasi “non tenerti il tris ma prova la scala reale perché così sbanchi!”. Drogati con la terza elementare che diventano luminari di statistica e algoritmi. Ogni tanto si danno il cambio, per mangiarsi un panino che ovviamente si sono portati loro, d’altronde il bar non li fa più i panini.
Alcuni di loro dormono con il sacco a pelo dentro al bar il titolare gli chiede a che ora vogliono la sveglia tirando su la serranda. E cambieranno i giochi, cambieranno le roulette, ma continueranno a giocare perdere e godere. Fino a quando non si saranno prosciugati tutto completamente tutto. Allora verranno internati in qualche struttura per disabili mentali macchinettomani e lì ci rimarranno per sempre. Dopo qualche anno di astinenza, sembrano guarire, conoscono una lei e magari vorrebbero anche farci l’amore, ma chissà se lui, il batacchio, funzionerà ancora….Ci sarebbe quasi da scommettere e giocano perdono ma questa volta, non godono.

PAROLE DA RIDERE: La crisi economica, di Livio Cepollina

LA CRISI ECONOMICA di Livio Cepollina

Secondo molti motivatori, quei cravattati laureati in Scienze della Comunicazione Abbindolante, il perché della crisi economica è da ricondurre alla negatività che regola i nostri pensieri, insomma è solo il frutto di uno sbagliato “atteggiamento mentale” .
Non sono totalmente d’accordo, esiste anche un problema fisico – e lo compresi quando decisi di non pagare il prosciutto a Mimmo il droghiere, un energumeno con le fattezze dell’Uomo di Simmenthal: mi lordò così tanto di botte che gli ambulanzieri non sapevano se portarmi al Centro Traumatologico o alla Madonna di Medjugorje.
L’ansia per l’assenza di soldi ha cambiato gli stili di vita, quelli che una volta nascondevano Playmen dentro a Famiglia Cristiana, ora dentro al giornale porno ci mettono il Sole 24 Ore. E lì vedi lì al mattino, sulle panchine, a leggere l’andamento della Borsa, non ci capiscono una benemerita cippa, ma credono che il problema sia tutto lì. Sono abbattuti, trasandati, fanno così pena che anche i clochard, che hanno dormito sulla panchina a fianco, si avvicinano e gli offrono degli avanzi di maccheroni; loro reagiscono male, li guardano disgustati, ma poi li prendono e se li mettono in tasca, il futuro potrebbe essere ancora più tragico.
Ma parliamoci chiaro, i Maya avevano ragione, siamo nel bel mezzo di svolte epocali, Silvio non c’è più … non si ride più – come tg satirico c’è solo più Striscia, anche Fede se ne è andato via … Vasco è andato alla Scala, Bossi e figli prendevano dei soldi in “nero” , ma vi rendete conto? La Lega, dei soldi in “nero” … paradossale. Ed è per questo che c’è la crisi!
Non parliamo dei prezzi, una volta dicevi “Sì … andiamo solo a mangiarci una pizza … tranquilli …”.
Ora sei un signore se vai a mangiare una pizza! Nel menù si guarda solo più nella parte sinistra, dove una volta sceglievano solo i morti di fame, focaccia, margherita – napoletana … “ prosciutto”, toh – se proprio te la vuoi tirare un po’.
Ho visto un signore ordinare una pizza ai frutti di mare, il cameriere ha allertato la Guardia di Finanza, che irrompendo con un blitz, l’ha gettato per terra – ammanettato
“da dove arrivano tutti ‘sti soldi ? Sei un faccendiere della banca vaticana?”.
La benzina … una volta dicevi
“Sì … buongiorno! Mi metta dieci euro e mi dia anche gentilmente una lavatina ai vetri” “Certo, magari anche una gonfiatina alle gomme. Vuole anche dei popcorn? Così per ingannare l’attesa mentre le faccio tutto … ma vedi di andare a prendere per il sedere qualcun altro, pagliaccio ! “.
Le mignotte, anche loro stanno facendo la fame …
“quanto vuoi?”
“50 euro in macchina”
“ E a casa?”
“E chi ce l’ha più una casa? A casa te la dò gratis, basta che sia la tua, anzi ti sposo pure”.
Gli unici a ridere sono ancora i nostri vecchi, ma quelli che hanno 80/90 anni, loro la fame l’hanno già vissuta e sanno cosa voglia dire risparmiare. Sono quelli che hanno cambiato il televisore solo una volta in tutta la vita, che quando è uscita quella a colori, credevano che Nicoletta Orsomando dovesse rinnovarsi tutto il guardaroba perché avesse solo vestiti bianchi e neri.
Gli unici che hanno ancora il telefono fisso in casa e se gli dici che esiste il cordless, quello senza fili così si possono spostare per casa, ti rispondono “siamo vecchi ma non siamo rincitrulliti, ma perché mai dovremmo spostarci per casa quando telefoniamo, se telefoniamo … telefoniamo! ” . E dagli torto …
Quelli che se li porti a mangiare un gelato sono felici perché lo vedono come un oggetto di lusso ed i gusti devono essere solo cioccolato o crema – puffo, mango e kiwi li ha inventati qualche pasticcere drogato. Nel portafogli stendono perfettamente le banconote, tutte in ordine decrescente a seconda del taglio. Insomma quelli che danno ancora un peso alle cose, ed è proprio quello il problema, non attribuire più un valore agli oggetti, alla vita. È quando mancano tutte queste priorità comportamentali, si cade nel vuoto e la crisi economica ne è solo lo specchio.

PAROLE DA RIDERE: Il fondo manda a fondo gli anziani, di Livio Cepollina

IL FONDO MANDA A FONDO GLI ANZIANI di Livio Cepollina

Il FMI (Fondo Monetario Internazionale) ha sentenziato: i vecchi vivono sempre di più e ciò danneggia l’economia. Posticipare ulteriormente l’età della pensione è utopistico. Non tanto perché gli anziani non sarebbero più in grado di lavorare, lo farebbero meglio dei giovani, ma questo alimenterebbe ulteriormente il dramma della disoccupazione dei bamboccioni.
Fra le tante vagliate, l’unica soluzione che sembra ottimale, è la soppressione fisica degli esseri con più di 75 anni o, almeno, gran parte di essi.
Un’idea orripilante – ma i vari governi, che hanno preso in mano il problema, cercheranno di addolcirla e renderla più vicino possibile a quella che dovrebbe essere una buona condotta etica e morale.
Innanzitutto, un sorteggio democratico sceglierà casualmente le vittime e, almeno qui, non ci saranno i consueti favoritismi a salvaguardare l’incolumità fisica dei potenti o raccomandati a scapito degli sfigati.
È già stato stipulato il “condono analgrafico” per tutta la classe politica avanti con gli anni che non sarà soggetta a nessuna soppressione. La “L” in più non è il frutto di un refuso, indica che a prendersela nel didietro non sia mai lei.
Lo sterminio degli attempati-e potrebbe svolgersi in questi modi:
– La loro uccisione attraverso un’indolore iniezione letale, ma i materiali usati costerebbero troppo (e non lo meritano).
– Dopo avergli fatto consumare un epico amplesso con uno-a pornostar professionista, affinché muoiano d’infarto ma sessualmente soddisfatti
– Inducendoli al suicidio dopo l’obbligo alla compilazione di tre censimenti, due Modello 730 e l’ascolto forzato di 4 cd di Fabri Fibra (compresa una recensione positiva di Marinella Venegoni)
– Per le frange meno violente della “Waffen – SS 3ªAge Kaputt! “ , l’unità paramilitare dal docile nome, che si responsabilizzerebbe fisicamente dell’ecatombe, occorrerebbe attutire maggiormente il disagio psichico di chi affronterà la morte facendogli almeno togliere, prima della fine obbligata, alcune soddisfazioni personali come:
– lordare di botte un impiegato delle Poste
– con una ruspa schiacciare l’auto di quelli che gli suonano perché ci mettono un minuto in più per parcheggiare
– gambizzare chi non gli cede il posto nei mezzi pubblici
– perforare con il manico di un mestolo il timpano dei figli che s’alterano perché, diventando un po’ sordi, a volte sono costretti a ripetergli le cose
– sputare in faccia ad un politico, qualsiasi sia la sua fazione politica (NB solo la scelta di Monti varrebbe per due persone fra loro parenti. Esempio: si decidesse di eliminare una coppia di coniugi e il marito scegliesse Monti, la moglie avrebbe già il dovere di morire senza soddisfazioni aggiuntive)
– tendere con delle funi le labbra alla cassiera del supermarket sotto casa, così sorride almeno una volta (anche se l’ultima)
Ovviamente, prima che la Waffen – SS 3ªAge Kaputt! attui la strage legittimizzata , verranno adoperate strette misure di controllo per dissuadere eventuali comportamenti delinquenziali di chi è vicino agli attempati come, il più temuto, correggere dietro compenso ad un addetto dell’anagrafe, l’età dei genitori o nonni che hanno già promesso loro l’alloggio.
Dall’Università di Pensologia, riguardo questa situazione, arriva la disapprovazione più totale, tant’è che riterrebbe opportuno eliminare i giovani socialmente inutili che non hanno saputo replicare (e spesso neanche provandoci) le gesta della maggior parte dei nostri vecchi.

PAROLE DA RIDERE: Vita da mago, di Giuseppe Bruno

VITA DA MAGO di Giuseppe Bruno

Il mio mestiere è il mago. L’ho deciso da piccolo. Sapete, si decide da piccolo che da grande si farà il mago forse anche perché si è vissuta un infanzia non proprio uguale a quella degli altri. Quando davanti ad ogni cosa che ti accade vorresti usare la bacchetta magica.

In effetti ho avuto un infanzia povera e difficile. Eravamo senza soldi ma uniti. Quando facevamo la fame, io e mio padre, dividevamo anche un solo piatto di pasta e fagioli. Lui man-giava la pasta e fagioli ed io il piatto.
I miei mi avevano comprato tre magliette con sopra scritto il mio nome: Marco. Adesso ho capito che non lo fecero per amore. Era che per loro era l’unico modo per ricordarsi come mi chiamavo.
Il giorno del mio tredicesimo compleanno mi diedero le chiavi di casa. Uscii. Tornai. A-vevano cambiato la serratura. Ed erano anche partiti per le vacanze. Ma ogni tanto ricevevo an-che qualche attenzione. Avevo i denti storti e per raddrizzarmeli mi presero l’apparecchio. Pecca-to fosse usato. Era di Gerardo, il mio vicino. Quando si finirono di raddrizzare i denti a lui, lo misero a me. A diciannove anni ebbi finalmente i denti dritti. Fu allora che cominciai a perdere i capelli.
Giocare con gli altri bambini ogni tanto giocavo pure. Spesso giocavamo a palla prigio-niera ad esempio. Non che mi divertissi molto. Anche perchè la palla prigioniera era la mia. La destra. Le cose non andavano meglio neanche con il prete della mia parocchia. Don Giulio. Tutti gli altri bambini lo chiamavano “Padre”. A me raccomandò: “Tu chiamami zio.”

Quindi sapete, decisi di prendere questa strada un po’ per cambiare le cose con la magia, un po’ perché già c’era un mago in famiglia. Mio nonno.
Dunque, mio nonno era un mago. Era un tipo eccezionale. Precorreva i tempi. Da bambi-no metteva un dito nella lampada a petrolio e prendeva la corrente. A cinque anni si sedeva ad un angolo del soggiorno, di fronte una parete vuota, con l’espressione assente, e gli occhi spalancati. E stava lì per ore. Cinquant’anni dopo, a quello stesso angolo di soggiorno ci venne mes-sa una televisione. Va beh che certi giovedì sera c’è da rimpiangere la parete vuota. Il nonno a-veva un potere particolare per far ingrandire e rimpicciolire gli oggetti e gli animali. A casa ha la-sciato una mucca così piccola che mi fa il latte condensato.
Era un mago diverso da tutti gli altri. Faceva uscire cappelli a cilindro dai conigli, riusci-va a fare poker d’assi anche quando giocava a sette e mezzo, costruiva dei talismani dell’infelicità efficacissimi che rovinavano la vita di chi li portava. Era un uomo che non doveva chiedere mai, tanto lo sapeva che gli dicevano sempre di no. Un uomo che con la sola forza del pensiero vi faceva perdere le chiavi di casa. Un uomo che sapeva indovinare l’ultima volta che avete indossato biancheria intima in disordine. Un uomo che riusciva a leggere il vostro 740 sen-za mettersi a ridere.
Entrò nel mondo della magia per sfondare. Ed in effetti alla fine era sfondato.

E’ un mestiere che porta anche alcuni vantaggi. La segreta speranza di chi fa il mago in fondo è sempre la stessa. Quella che il lavoro che fai ti aiuti a rimorchiare. Certo, di ragazze, co-noscerne, ne conosci tante, girando in lungo e in largo, fermandoti nei posti più diversi, incon-trando tanta gente. Adesso me ne vengono in mente alcune.
Ce n’era una così precisa che per fare l’insalata prendeva la verdura, prima la lavava e poi la stirava.
C’è stata un’infermiera di Passo Corese a cui dissi una volta, mentre ci baciavamo: “An-na, devi saperlo, io ti amo.” E lei mi rispose: “Certo, anch’io ti amo … come hai detto che ti chiami?” Comunque mi voleva bene. A me e a tutti gli altri. Sapete come si dice, amava molto il prossimo. Appena finiva con me, diceva: “Avanti il prossimo.” Finalmente capii che mi tradiva dal fatto che iniziò a tornare dalle sue passeggiate senza aver comprato niente. Però riusciva an-che ad essere romantica. La nostra canzone era “La marcia dei bersaglieri”. Il suo film del cuore, ci piangeva ogni volta lo vedeva, aveva la videocassetta, il cd, il libro, il fotoromanzo che c’aveva fatto “SuperSex”, era “ Con due mani ti rompo, con un piede ti spezzo, con la coliciste ti faccio la permanente.”
E quell’altra, Daphne, Pi Acca, bella bella bella. Dai capelli in su. La conobbi tramite un annuncio su un giornale. “Lieve difetto fisico: zoppico leggermente con una gamba. Con le altre due vado benissimo.”
Poi ce n’era una. Ricordo che forse non era giovane, forse non era bella, forse non era ric-ca. A pensarci bene forse non era nemmeno una donna.
Poi c’era Enrica. Amava le lunghe passeggiate sulla spiagge, le cene a lume di candela, i discorsi romantici, i tramonti, non so se avete capito il genere. Certo, direte, a chi non piacciono queste cose? Come no, piacciono anche a me. Dopo. Insomma, ogni volta che iniziavo a sfiorarla senza le consuete due ore di preparativi, corteggiamento e varie ed eventuali, subito si lamentava: “Ma insomma, così togli tutta la poesia.” “Ma Enrica, altro che togliere la poesia, cerco solo di aggiungere un po’ di prosa.”
E l’ultima. Nina la rossa. La Domenica, sempre a messa, diceva: “Beh, visto che i negozi sono chiusi. Dove vuoi andare? ”
Molte di queste le ho conosciute grazie alla magia. Quindi può anche sembrare che per chi lavora nel mondo dello spettacolo le relazioni femminili siano molto facilitate. Non è proprio così. Una volta, dopo una serata cercai di fermare una ragazza del pubblico che mi era piaciuta molto. Mi presentai, mi squadrò dalla testa ai piedi e mi disse:
“ Beh, visto che sei un mago, fai qualcosa per me. Sparisci.”
Il nostro mito è sempre stato David Copperfield. Non solo per tutti i soldi ed il successo che ha avuto. Ma soprattutto con le donne splendide che ha conquistato. Questo dicevo al mio agente ieri. Certo, dicevo, io e Copperfield facciamo tutti e due più o meno le stesse cose. Ma, facendo un confronto, la mia vita, rispetto alla sua è un vero cesso. Va beh che il mio agente m’ha risposto: “ Guarda che la tua vita è un cesso anche senza fare confronti. ” E’ un piacere sa-pere che c’è qualcuno che ti conforta e ti stimola nei momenti grigi. Io, purtroppo, questo piacere non ce l’ho.

Già, le donne. Come si dice: la donna è l’altra metà del cielo. Si, come no.
L’altra metà del cielo. Quella da dove gli uccelli ci cacano addosso. Un momento, non è che vada sempre male, solo che forse da me ci si aspetta chissà che cosa e a volte succede, come mi è capitato ultimamente, che una ragazza mi dica, un po’ delusa: “Pensavo che avessi qualcosa in più rispetto agli altri.” Io cerco di difendermi: “Guarda che quel qualcosa c’è.” E lei: “Come no. Però, siccome sei un mago, c’è, ma non si vede.”
Adesso ho capito cosa provoca l’ansia della prestazione. Le ragazze sincere. Che poi dove sta scritto che ‘ste poverine, per non far soffrire noi ometti, debbano essere costrette anche a si-mulare. Superiamolo ‘sto complesso della propria infallibile virilità. Se ogni tanto, o spesso, an-diamo sullo scarso, facciamo finta di niente e andiamo avanti. Raccontiamolo tranquillamente agli amici al bar. Immaginiamo un mondo in cui le nostre donne ci possano dire tranquillamente: “Stasera hai fatto pena. Forse hai bucato da qualche parte. Guarda come ti sei sgonfiato.” Oppu-re: “Stavolta non ci siamo proprio. Non hai mai pensato ad una protesi?” O ancora: “Mah, non per offenderti ma confrontandoti con l’ultimo ragazzo che ho avuto, il greco, non c’è paragone. Mica hai visto la mia agendina coi numeri di telefono?” E le classifiche alla Quattroruote? “Sta-sera ti do: Consistenza: 6, Fantasia: 5, Ripresa: 5, Durata: 1 (nel senso di minuto)” Ma insomma, parli di me o della prova su strada della Prinz. Si, tutte queste cose lasciamocele tranquillamente dire. Ma non in questa generazione.
Quindi non pensate sia necessariamente un guaio quando la tua ragazza simula di avere un orgasmo. Io ho incontrato un caso molto peggiore. Sono stato otto mesi con una che simulava di NON averli. Insomma, sentire sentiva, ma faceva finta di niente per non farmi montare la te-sta. Era tedesca. Si chiamava Gudrun. Ora, già un nome così, Gudrun, potrebbe spiegare molte cose. E’ stato il periodo più brutto della mia vita. Andai in cura da quattro medici diversi. Volevo comprarmi la cassa per segare le donne in due nuova e avevo fatto dei risparmi. Li spesi tutti per comprare ogni manuale d’educazione sessuale in commercio. E io che pensavo che l’educazione sessuale fosse quando due stanno a letto e si dicono: “Per cortesia, posso entrare, se non distur-ba?” “Si accomodi, prego.” “Puoi alzare la gamba un altro po’, per favore. Grazie.” “Lo faccio con piacere, non preoccuparti. Grazie a te. ” “Venga prima lei, dottoressa.” “Ma no, venga prima lei, ragioniere, si figuri.” “Ma no. Prima lei, dottoressa, non posso permettere.”
Non immaginate le terapie che abbiamo provato. In una dopo ogni prestazione Gudrun compilava una scheda: “Confrontando con i dati precedenti si nota: i preliminari aumentano del 6 %, l’uso dei dialoghi diminuisce del 13 %, sostanzialmente invariato il coinvolgimento emoti-vo.” Praticamente mi sembrava di stare alla proiezione Doxa per la camera dei deputati. Avevo paura che, tra un dato e l’altro, si materializzasse Bruno Vespa. Per fortuna al terzo tenta-tivo di suicidio Gudrun si convinse a raccontarmi tutto.

Una volta, dopo aver detto ad una ragazza che facevo il mago, ed avergli fatto qualche e-sercizio con le carte, i fazzoletti e i fiammiferi questa mi guarda negli occhi e mi fa: “Certo che tu devi essere molto bravo con le mani, mi piacerebbe chiederti una cosa.” Wow! Penso: stasera è fatta, “Chiedimi quello che vuoi.” Le dico. E lei: “ Senti, perché più tardi non passi da me e provi ad aggiustarmi lo scarico del water.”

PAROLE DA RIDERE: Scusa, visto che sei in piedi…, di Giuseppe Bruno

SCUSA, VISTO CHE SEI IN PIEDI…di Giuseppe Bruno

E alla fine ho fatto la scelta che ha cambiato la mia vita: ho deciso di diventare casalingo.

Dopo anni di studio, disoccupazione, lavoro, disoccupazione, lavoro, disoccupazione, ho ricominciato daccapo. Mia moglie è quella che si preoccupa di lavorare e io sto a casa. Ci siamo scambiati i ruoli.
La nostra vita è cambiata. Assomiglia a quella di una qualunque altra coppia, solo con la parti invertite.

Io non sono più un laureato in fisica precario a tempo indeterminato e lei non è più costretta a arrabbattarsi per conciliare la professione e la vita domestica.
Per me: niente più file sulla tangenziale per andare in ufficio, niente litigi coi clienti, niente lotte e umiliazioni per arrivare finalmente a un contratto a tempo indeterminato, niente lettura della Gazzetta dello Sport al lavoro. Sono passato dall’altro lato.
Lavo, stiro, passo la cera, vado al mercato per la spesa, raccolgo i punti delle merendine, mi lamento, mi faccio venire il mal di testa la sera, tutto regolare.

Mia moglie invece si guadagna lo stipendio, si sbatte fuori dalla mattina alla sera, fuma due pacchetti di sigarette al giorno, si porta il lavoro a casa. Oddio, lo faceva già prima, ma adesso non ha nessun obbligo domestico, tranne buttare la spazzatura e far l’amore il venerdì sera.
Ormai la metamorfosi è fatta, non usa lo spazzolone quando va in bagno, attacca le caccole sotto il tavolo, appena entra a casa, si trasforma in una entità indefinita: metà essere umano e metà divano.
E’ così entrata nel ruolo che si è abbonata a Quattroruote e quando guida sputa fuori dal finestrino. Le manca solo di fare pipì in piedi e avere una relazione con la segretaria e sarebbe perfetto.

Io, da casalingo, invece ho acquisito una condizione e delle abitudini che spesso ho invidiato nelle donne.
Adesso anch’io posso dire a mia moglie, che torna distrutta dal lavoro tutte le sere: “Uffa, non mi porti mai da nessuna parte!”
Oppure, prima di uscire, posso andare verso l’armadio, aprirlo e, davanti ad un guardaroba di circa 700 capi dire: “Uffa… non ho niente da mettermi.”
Oppure, quando andiamo al cinema posso dire: “Ma dai scegli tu… no dai non fare scegliere a me… qualunque scelta va bene…” e poi sbuffare per tutta la durata del film, compreso l’intervallo, tanto tu non hai colpa, in fondo ha scelto lei.
Ma la cosa che mi da più soddisfazione è una.
Scelgo un venerdì in cui mia moglie torna particolarmente stanca e irritata. Per riprendersi ha programmato il weekend con il torneo di scala quaranta con le amiche e un pomeriggio shopping no-limits consolatorio, ha pure lucidato la carta di credito per essere pronta.
Io aspetto venerdì sera, mentre sta per addormentarsi pregustando quello che le aspetta, scendo dal letto, spalanco l’armadio e le dico, con tutta la dolcezza che posso: “Domani e domenica: CAMBIO DI STAGIONE”.
Non prenderà più sonno. Ci sono coppie che hanno resistito anche al tradimento ma che non sono riuscite a superare un cambio di stagione.

Naturalmente anche lei si prende le sue soddisfazioni. Quella che mi irrita di più è questa, quando arriva un momento della serata in cui si ripete, invariabilmente, la stessa cosa.
Immaginate la scena. Mia moglie è tornata dal lavoro, abbiamo cenato, siamo sul divano. Sono seduto anch’io. Lei ha il telecomando attaccato alla mano, ormai ne è diventato una prolunga. Per fortuna, per non farlo riempire di unto, che poi ci metto ore a ripulirlo, soprattutto nelle fessurine dei tasti, ho trovato un sistema: lo copro col Domopack, sono uno specialista.
A lei da fastidio ma non importa, sono io che mando avanti la casa e glielo ricordo appena posso.
E così si vendica: siamo sul divano, mi alzo per qualche motivo. Magari devo andare in bagno, oppure cerco il giornale coi programmi tv, oppure devo rispondere al telefono, cose del genere. Sto per risedermi, sperando che sia distratta e non si sia accorta che sto in piedi.
E l’ineluttabile avviene. Mia moglie mi guarda e comincia a dire:
“Scusa, visto che sei piedi…”.

Dice: “Scusa, visto che sei in piedi…” E parte con le richieste. Una meglio dell’altra.
Richiesta semplice: “Scusa, visto che sei in piedi… mi porti una birra che ho sete.” “Va bene.”
Richiesta normale: “Scusa, visto che sei in piedi… mi fai un panino: pane di segale, mortadella, formaggio svizzero tagliato sottile, funghi sottolio. E mi raccomando non mettere i funghi tra la mortadella e il formaggio che li inumidiscono e il pane resta secco. I funghi vanno sul pane, poi il formaggio e poi, solo per ultima, la mortadella”. “Va beeene.”
Richiesta difficile: “Scusa, visto che sei in piedi… mi cerchi nella borsetta la pinzetta per i peli.” “Va beeeeeene.”

Innanzitutto devi trovarla, la borsetta… mai lasciata nello stesso posto.
Devo girare in tutte le stanze, anche nel ripostiglio vado, non si sa mai dove può essere. Anche in frigo l’ha messa una volta: “Sai c’erano i trucchi e non volevo farli sciogliere”. All’ultimo uso l’unico sistema, farle squillare il telefonino, sperando che è acceso.
Una volta trovata la borsetta comincia la ricerca. Trovare una pinzetta in una borsa da donna… sembra facile. Un’avventura da farci un film: “Mission Impossibol – ancor più impossibol”
Ora, voi avete idea di cosa si trovi nella borsa di una donna?
Pensate, innanzitutto, alle solite cose, portafogli, telefonino, fazzoletti di carta, penna, agendina con numeri di telefono… e poi aggiungete: le chiavi di casa, le chiavi dell’ufficio, le chiavi della madre, una decina di biglietti da visita sparsi, di gente a cui non chiameremo mai, qualcuno sarà pure morto, compresse per il mal di testa, compresse per quando ha la stitichezza, compresse per quando ha la diarrea, magari anche compresse per quando non ha né la stitichezza né la diarrea, non si sa mai.
Aggiungete qualche foto: la foto della sorella, della migliore amica, del cane di quando era ragazza, del cane dell’amica…
E poi: sette o otto bottoni, tutti diversi, un paio di campioni del tessuto perché “Non si sa mai, girando, magari trovo qualche altro scampolo uguale…”.
E poi: il catalogo di Ikea, qualche paio di calze per non essere scoperta se se le sfila, la bomboniera della laurea, ancora con i confetti, che magari restiamo chiusi in ascensore e non sappiamo che mangiare.
Ho risolto i mie problemi di pressione bassa: mi chiede una cosa nella borsetta e il cuore comincia a battermi all’impazzata.
Ogni tanto provate a invertire la rotta: regalate una borsetta nuova, confidando che nell’occasione qualcosa della vecchia venga buttata o sistemata in un cassetto.
Errore!
Una donna con una borsa nuova non si limita a fare un semplice spostamento di oggetti, fa un trasloco.
Prima svuoterà il contenuto della vecchia sul tavolo, non su quello della cucina che è piccolo, ma su quello grande del soggiorno, o meglio ancora direttamente sul tappeto. Finalmente ritroverete cose ormai date per disperse: “Guarda un po’ dov’era finita la pentola a pressione”.
Scoprirete importanti reperti archeologici sfuggiti a ricerche di anni, roba da farci una puntata di Quark; già lo vedo Piero Angela: “Domenica sera puntata speciale: il sarcofago di Anemonis III, in diretta dalla borsetta di Giovanna.”
Poi, per ogni oggetto, gli atroci dilemmi:
“E questo dove lo metto, borsa nuova, borsa vecchia, che comunque posso usare ogni tanto o cassetto?”
Te lo dico io dove: “Monnezza!” Ma sto zitto che spero che la ragione la assista senza il mio intervento.
Lei farà: “E il rasoio portatile per i peli… me lo porto… beh… è portatile, in borsetta ci entra… lo porto!”.
Come il rasoio portatile?
Certo: stai in autobus, sei nel traffico, perdi un sacco di tempo, magari dai un colpo ai peli sui polpacci, te lo trovi fatto.
Torniamo alla borsa, dopo ore di indecisioni, ti illudi, la vedi travasare solo una parte del contenuto dalla borsa vecchia alla nuova, eppure…
Eppure… entro 24-48 ore la borsa nuova peserà di nuovo quei sette o otto chili come la vecchia, e conterrà lo stesso repertorio di follie, scontrini, medicinali, cartacce, pacchetti di sigarette, flaconi di profumi vuoti, cerchioni di biciclette…
E tempo un paio di sere ti verrà chiesto: “Scusa, visto che sei in piedi… mi cerchi la borsa e nella borsa il numero di cellulare del dentista… ma non nell’agendina, forse è su un biglietto del tram, o su uno scontrino… non ricordo esattamente… Scusa, visto che sei in piedi…”

Insomma, cara moglie, ma perché aspetti sempre che mi alzi io per ricordarti che vuoi qualcosa. Secondo me lo fai apposta per farmi dispetto e allora sei pronta a inventarti qualunque cosa: “Scusa visto che sei in piedi…”
Ogni tanto immagino verso quali richieste la sua mente creativa e malata sta andando. Sono pronto a tutto. Magari la precedo.
“Scusa, visto che sono in piedi, che ne dici se ti porto una birra, ti faccio un panino, ti cerco la pinzetta, batto il tappeto, magari do un’imbiancata alla cucina, visto che sono in piedi, uscendo faccio un salto a buttare la spazzatura, arrivo in centro e mi metto a fare la fila per i biglietti di “Harry Potter e l’ultima sfida: la dichiarazione dei redditi”, ancora deve uscire ma quando arriva mi ci trovo… visto che sono in piedi… un giorno di questi, visto che sono in piedi, comincio a camminare verso est e mi fermo solo quando sono arrivato a Cuba.”

PAROLE DA RIDERE: 99 battutine, di Giuseppe Bruno

99 BATTUTINE di Giuseppe Bruno

1. Le nostre idee non muoiono mai. Però si ammalano spesso.
2. Epitaffio di prostituta: Eran trecento eran giovani e forti e son morta.
3. Ulisse torna dopo vent’anni, il fedele Argo gli salta addosso e muore di gioia, lo guarda schifato: Di chi cazzo è ‘sto bastardo?
4. Cartolina: Vorrei tu fossi qui, al mio ritorno li.
5. Chiamatemi Ismaele ma, se vi viene difficile, anche Tonino va bene.
6. Fatti non foste per viver come bruti. Però ci riuscite benissimo.
7. La donna è l’altra metà del cielo. Quella da dove gli uccelli ci cacano addosso.
8. Ho una mucca così piccola che mi fa il latte condensato.
9. I matrimoni si contraggono. Come le malattie.
10. Lieve difetto fisico: zoppico leggermente con una gamba; con le altre due vado benissimo.
11. Non credo nell’amicizia. Tutte le volte che sono stato amico di qualcuno, prima o poi, gli ho dato una fregatura.
12. Ho vissuto un giorno da leone. E quel giorno ero in gabbia.
13. La Bella Addormentata si risvegliò dopo cent’anni di sonno. Si ritrovò rovinata dalle bollette arretrate.
14. Biancaneve era più bella della matrigna. Ma la matrigna rimorchiava moooolto di più.
15. Elogio della mano morta: Sempre caro mi fu quest’arto molle.
16. -Facciamo l’amore?- -Solo dopo che sarò sposata.- -E allora sbrigati a sposarti.-
17. I negri puzzano. Ne abbiamo ammazzato uno. E dopo due giorni già puzzava.
18. Ogni tanto capita a tutti un cinquantennio storto.
19. Questo soffitto viola non esiste più, questa stanza non ha più pareti ma alberi. E se trovo l’architetto l’ammazzo.
20. Accettai. In mancanza di peggio
21. Successe che il mio migliore amico mi trovò a letto con sua moglie. Avrei voluto morire. O che almeno morisse lui.
22. per amore o per Forza Italia.
23. La ricchezza non da la felicità. Ma neanche la toglie.
24. -Emilio Fede, le faccio una domanda. Si farebbe picchiare da Berlusconi per soldi?- -Quanto dovrei pagare?-
25. Generale, i vostri soldati è una settimana che saccheggiano, violentano, uccidono senza fermarsi.- – Fateli riposare un po’.-
26. Posso avere un bicchiere d’acqua?- – Perchè? Devi metterci dentro la dentiera?-
27. Nacque vincitore. Però morì subito.
28. Capì che la moglie lo tradiva quando si accorse che tornava dalle sue passeggiate senza aver comprato nulla.
29. -Vorrei un po’ di pane per il mio bambino.- -Il suo bambino?- -Sa, senza pane non riesco a mangiarmelo.-
30. Il popolo si è espresso. Già che c’era poteva esprimersi meglio.
31. Rimpiangiamo il passato perchè allora avevamo più futuro.
32. Ulisse torna dopo vent’anni, il fedele cane Argo gli salta addosso e muore felice, lo guarda schifato: Di chi è ‘sto bastardo?
33. Ho sempre creduto nella santità del sesso dopo il matrimonio, infatti, dopo che mi sono sposata, l’ho data a tutti.
34. Avevano un solo bimbo. Per lei un figlio era poco. Per lui due erano troppi. Si misero d’accordo adottando un nano.
35. C’era una volta un pezzo di legno. Una sera Geppetto, tornato a casa con una donna, lo buttò nel fuoco per far l’amore al caldo.
36. Caro! Aiuto! Ho visto un topo! Che faccio? — – Chiudi gli occhi Che non lo vedi più. –
37. Dubbio di notaio: “Rogito … ergo sum?”
38. Un cinefilo è uno Che ha visto tutto. Tranne Quello che Hanno visto gli altri.
39. Era così vecchio che aveva un orologio con solo la lancetta dei minuti.
40. Allora mi ami? — – Assolutamente! — – Assolutamente si o assolutamente no? — – Assolutamente forse. —
41. Attenti, il comunismo è morto. Però, se gli fate girare le palle, può anche resuscitare.
42. Il generale alla professionista. – Posso offrirle il piacere della mia compagnia?- – Ma certamente.- – COMPAGNIAAAAA! AVANTI!-
43. Era un prete molto preciso. Per i peccati più piccoli faceva dire un Avemaria e mezzo.
44. Era un ristorante dove si pranzava così male che i camerieri davano la mancia ai clienti.
45. I matrimoni d’interesse, di solito, riescono meglio. E’ più facile che, prima o poi, finisca l’amore piuttosto che finiscano i soldi.
46. A suo modo era una donna fedele. A letto con gli altri non faceva quello che faceva col marito. Non simulava gli orgasmi.
47. Ricordatevi, cari, che, nei momenti di felicità e fortuna bisognerebbe sempre avere un pensiero per chi sta peggio di noi. Per godere di più.
48. -Rispetti i dieci comandamenti?- -No, però ho visto il film.-
49. Aveva un marito così grasso che è stata arrestata per bigamia.
50. Come donna amava molto il prossimo. Appena finito di far l’amore con un uomo diceva: -Avanti il prossimo.-
51. Lapide di un uomo solo:“Vi state sbagliando con un altro”.
52. Come dice il fabbricante di sapone: La vita è bolla.
53. -Lo sai che sei uno stronzo?- -Non posso mica sapere tutto.-
54. Il soldato morto senza sapere il perché: Il milite ignaro.
55. Colazione del masochista: Pane, burro e martellata.
56. Faceva l’uomo guida per cani ciechi.
57. A tutto c’è rimedio, tranne che alla vita.
58. Avevano un solo bimbo. Per lei un figlio era poco. Per lui due erano troppi. Si misero d’accordo adottando un nano.
59. C’era una volta un pezzo di legno. Una sera Geppetto, tornato a casa con una donna, lo buttò nel fuoco per far l’amore al caldo.
60. Un pianista nero picchia Ingrid Bergman. Si avvicina Bogarth: -Suonala ancora Sam.-
61. C’era una volta un pezzo di legno. Una sera Geppetto, tornato a casa con una donna, lo buttò nel fuoco per far l’amore al caldo.
62. – Venga prima lei.- – No! Lei! Si figuri.- – Grazie, molto gentile.- – Ma la prego.- Educazione sessuale
63. Nessuno muore imparato.
64. Motto sodomita: Coito da tergo sum.
65. L’amore è un comune fraintendersi.
66. Gesù, all’ultima cena: “Stasera qualcuno di voi mi tradirà.” “Tradirti? E che è … mo’ semo fidanzati?”
67. Idealismo: “Combattiamo per mondo uguale.”
68. Meglio essere vigliacchi per qualche minuto che morti per sempre.
69. Italia … l’eterno conflitto tra il male e il peggio.
70. “Porto mio figlio al circo.” “Si diverte?” “Mica tanto … fa l’uomo elefante.”
71. “Mamma! Son tanto felice.” “Non preoccuparti che ti passa.”
72. Mi accontentai dell’uovo oggi. Ed era pure guasto.
73. Ad un’agenzia matrimoniale: “E’ qui che posso lasciare mia moglie?”
74. San Giuseppe osserva di nascosto Gesù: “Questo qui non mi assomiglia mica …”
75. I nati sotto il segno dei pesci dopo tre giorni puzzano.
76. Sono sano allo stato terminale.
77. Strana la vita. Oggi qui. Domani pure.
78. Pensare mi confonde le idee.
79. Per certi ideali darei la vita. Non la mia che non vale niente.
80. L’onorevole Paola Binetti: M’illumino d’incenso.
81. “Buongiorno amore! Sono venuta a vivere da te!” “Perchè? Altrove non ci riuscivi?”
82. “Che incubo! Sogno di trovare un cadavere nel letto!” “Cara mia, io è tre anni che mi sveglio e mi trovo un cadavere nel letto.”
83. Le sorelle del regista: Bbbona la prima.
84. Bertolaso: Sic transit boria mundi.
85. Sono vivo. Ma sto distruggendo le prove.
86. Giuliano Ferrara: A ragion venduta.
87. Vittorio Sgarbi: Centro di grevità permanente.
88. A cena da Berlusconi. Un ospite divino. Soprattutto quando prende pane e vino. E spezza il pane. E alza il vino. E dice …
89. Il giorno del mio sedicesimo compleanno i miei mi diedero le chiavi di casa. Uscii. Tornai. Avevano cambiato serratura.
90. Madonna vestita da D&G: La Maculata Concezione.
91. “Pensa: la donna concepisce i figli, fa nascere una nuova vita, manda avanti la specie umana.” “Lo dici come fosse un merito.”
92. Se tornassi indietro non cambierei assolutamente nulla della mia vita. La butterei via così com’è.
93. “Oggi ero al lavoro e ho fatto l’amore con Mario.” “E dove?” “Sempre lì. Più o meno all’altezza del bacino.”
94. Dio c’è. Ma è in riunione.
95. “Che pena ‘sti vecchi … abbandonati sulle panchine …” “E togliamogliele ‘ste cazzo de panchine.”
96. Se non fossi scapolo, mi sposerei, io.
97. Il Papa. Tutte le domeniche ci saluta dalla finestra. E mai una volta che dica: “Salite su a prendere una cosa.”
98. -Che gioia, cara! Sei incinta?- -No, cara, ho mangiato un bambino.-
99. Ma i treni … dov’è che fanno benzina?